Si dice ITALIA e si pensa a pizza e spaghetti. Si dice ROMANIA e si pensa a Rom = Zingari = Ladri e cartomanti…invece Rom e Rumeni sono due etnie diverse che vivono nella stessa nazione insieme a molte altre tra cui quelle ungheresi, polacche, croate, turche fino a un totale di una ventina di minoranze etniche diverse. Questa è una delle tante sorprese che mi ha regalato il mio breve viaggio in territorio rumeno dal 17 al 24 Agosto scorso, alla scoperta di una nazione e di una popolazione oggi, purtroppo, così di attualità a causa di alcune iniziative del nostro governo alquanto discusse e discutibili.
Ed è stata proprio una signora rumena a rimproverarci questo nostro luogo comune, una delle prime sere del nostro arrivo, al primo nostro cenno di schiamazzo all’italiana e mi sento in dovere, come minimo, di farmi portavoce del desiderio di questa donna, di cui non conosco nemmeno il nome, ma che evidentemente ci teneva davvero tanto a comunicarci questo suo stato d’animo, questo suo messaggio: “Conosceteci prima di giudicarci!!!”
Il nostro tour ha avuto inizio dalla città di Iaşi, al Nord della Romania; qui siamo stati ospitati da un’associazione, “Il Chicco”, ed in particolare da Stefania, un’italiana di Napoli di una simpatia e di un carattere così esplosivo e vulcanico da fare invidia al Vesuvio; ci è stato messo a disposizione un appartamento che per la maggior parte dell’anno ospita bambini “speciali” i quali oltre ad avere poche risorse economiche, o forse non ne hanno affatto, combattono la loro quotidiana battaglia contro il cancro e noi, indegnamente, approfittando della chiusura estiva, abbiamo occupato le loro stanzette linde e ordinate. Questa è solo una delle “Case degli Angeli” che fanno capo alla stessa associazione, ma che le vedono impegnate in ambiti sociali diversi, ognuna delle quali ha il nome di un angelo che ci ha preceduti in Paradiso e gode beato della visione del Volto di Dio Padre.
In particolare, “Il Chicco” ospita ragazzi diversamente abili, mai termine fu più appropriato, abbandonati dalle loro famiglie o tirati fuori da un orfanotrofio-lager, di quelli in cui l’amore non riesce proprio ad arrivare, dove regna la legge del più grande, del più forte, in condizioni igieniche a dir poco pessime, così ha vissuto Helena per i primi 16 anni della sua vita, fino all’incontro con mamma Stefania a cui si è affiancata anche mamma Carmen e ascoltarla mentre ci racconta della sua vita e vedere un breve video di quello che era l’orfanotrofio ci ha lasciato tutte senza parole e anche adesso non riesco a trovarne per descrivere le angherie degli operatori, l’orrore dell’abbandono a se stessi, l’abbandono nell’ignoranza più assoluta anche sull’esistenza di un Dio eppure, ci dice Helena, anche se nessuno gliene aveva mai parlato, lei la sera guardando la luna intuiva che c’era Qualcuno lassù.
Come spesso in questi casi succede, più che noi metterci a servizio dei ragazzi, sono stati loro a coinvolgerci sin dal principio nella loro vita, ci hanno aperto la loro casa, hanno cucinato per noi, ci hanno fatto vedere orgogliosi i maialini appena nati, i campi da loro coltivati, insieme abbiamo fatto una lunga passeggiata di ore per raggiungere la vetta di un monte e goderci una vista mozzafiato di questo bel territorio, soprattutto, ci hanno comunicato la loro gioia di vivere nella semplicità, nell’aiuto vicendevole secondo le possibilità di ciascuno…in una parola nell’Amore Evangelico. Inevitabilmente, guardando questi ragazzi ho pensato a quanti loro coetanei ma anche noi più adulti, quando non c’è campo per il telefonino e non riusciamo a “comunicare” con il nostro amico/a del cuore, o non riusciamo a “comunicare” questioni urgenti di lavoro, come ci sentiamo in quel momento?!? Arrabbiati, frustrati; faremmo qualsiasi cosa per riuscire a parlare con quella persona e…invece, pensate a questi ragazzi, vorrebbero dire tante cose, magari chiederci: “come vi chiamate?”, “Da dove venite?”, “Perché siete qui?” e a causa di un malfunzionamento di un piccolo nervo, di un minuscolo ingranaggio, possono esprimersi solo a gesti o a versi…ma, a ben guardare, quello che sono riusciti a comunicarci è molto più importante.
E quando non è la malattia a creare barriere, c’è la discriminazione…Abbiamo raggiunto Panciu, qui ci attende un’altra associazione la “Rom pentru Rom” e altri volontari italiani ma anche rumeni e in questo periodo anche olandesi ma che potrebbero essere di qualsiasi altro paese europeo. Infatti, loro collaborano ad un progetto della IBO Italia, Associazione Italiana Soci Costruttori, che è, leggo sul sito, un organismo non governativo che opera nel settore della cooperazione in Italia, in Europa e nei paesi in via di sviluppo nella direzione della condivisione e della solidarietà umana e cristiana.
In particolare qui a Panciu ci hanno ospitato Alessandro, che è in Romania da tre anni, Elena, che ci vive sin dalla nascita perché è rumena e Rita, a Settembre finisce il suo anno di servizio civile, loro hanno come missione quello di far integrare i bambini Rom, di costruire un ponte tra il loro mondo e quello dei rumeni per cercare di non lasciarli isolati dal resto della società dato che anche qui, nella loro patria, i rom non sono ben accetti a molti.
Questi bambini sono condannati dalle loro stesse famiglie a stare tutto il giorno per strada, a mendicare; i volontari spendono il loro tempo cercando di insegnargli anche piccole cose; ad esempio l’ultimo giorno della nostra permanenza a Panciu è stato un giorno di festa perché i piccoli hanno messo in scena uno spettacolo sulla fiaba di Peter Pan che è stato molto bello e partecipato anche da parte dei genitori dei ragazzi sia rom che rumeni. Dovevate vedere le facce dei bimbi, come erano soddisfatti, anche loro come tutti i “cuccioli d’uomo”, vogliono essere presi sul serio o quanto meno in considerazione da parte degli adulti, hanno tanta voglia di imparare, di far emergere le loro capacità, invece di essere sfruttati, maltrattati e umiliati; ma com’è possibile toglierli dalla strada se nessuno gli insegna che si può fare ben altro nella vita??? Per questo la presenza e l’impegno di questi giovani volontari è determinante.
Concludendo, spero di essere riuscita a incuriosirvi almeno un po’, quanto basta a convincervi a fare una piccola ricerca su internet alla scoperta di questa bella e interessante popolazione e magari riusciremo a dire insieme come Padre Mimmo di Meo (O.M.I.): “Non c’è niente da capire, c’è solo da amare!!!”
Enza Musio